La splendida e imponente Abbazia di San Felice sorge ai piedi dei Monti Martani, immersa tra olivi e lecci secolari. L’abbazia, si presenta oggi come un insieme di più strutture riferibili ad epoche diverse, disposte ai lati della chiesa abbaziale ed è composta da tre parti distinte: la benedettina, l’agostiniana e un’appendice agricola, costruite per la maggior parte in pietra calcarea bianca e rosa proveniente dal vicino borgo di San Terenziano. Imponente e suggestiva è la vista esterna delle tre absidi chiuse in alto da una serie di archetti ciechi su cui si aprono feritoie e monofore. La chiesa venne costruita in una delle più antiche località di culto
cristiano dell’Umbria, dove sin dal IV secolo veniva venerata la memoria di San Felice, vescovo martirizzato sotto le persecuzioni di Diocleziano. Questo posto venne scelto secoli più tardi, probabilmente tra l’VIII e il IX secolo, da un gruppo di monaci benedettini per costruire un monastero, ampliato poi attraverso i secoli. Il complesso venne costruito non lontano dalla Via Flaminia che era all’epoca principale veicolo dell’influenza economico-patrimoniale ma anche religioso-culturale della famosa e potente Abbazia di Santa Maria di Farfa. La costruzione di una vera e propria chiesa sul luogo di sepoltura di San Felice si data al 950 secondo gli studi dell’erudito folignate Ludovico Iacobilli, impiegando ampiamente materiale di spoglio del primitivo oratorio ma anche reperti romani che erano stati ritrovati nella zona. Un capitello corinzio decora ancora oggi la parte alta della facciata della chiesa, così come all’interno diverse sono le colonne scanalate e i capitelli romani riutilizzati. Nel 1255 è documentato un certo Abate Giacomo, immaginiamo quindi che l’abbazia fosse, a quel tempo, in piena attività. Nel 1373 papa Gregorio IX sottopose San Felice, con una bolla, all’abbazia folignate di Santa Croce di Sassovivo, di cui seguì le sorti fino alla decadenza nel XV secolo. Nel 1450 però, papa Niccolò V, a causa della fatiscenza della chiesa, allontanò i monaci Benedettini e soppresse l’abbazia, affidando la cura del complesso
agli Agostiniani. E’ proprio in questo periodo che avviene l’ampliamento del complesso e la costruzione del chiostro, che venne poi decorato in un secondo momento con la storia del martirio di San Felice. Il 1500 è un periodo difficile per l’Abbazia, a causa di liti in seno all’ordine e di contese circa i vasti possedimenti terrieri. Fonti locali riportano che alla fine del Cinquecento nell’abbazia vivevano 28 frati e 14 novizi. Gli Agostiniani però non ebbero buoni rapporti con i Gianesi, tanto da essere anche loro allontanati e addirittura scomunicati nel 1798 per “evasione fiscale” e per la cattiva gestione del patrimonio terriero. I beni dell’abbazia vennero quindi, dopo la scomunica, confiscati e devoluti alle scuole del Comune di Spoleto. Fu indetta anche una pubblica asta per alienare tutti gli oggetti. Per avere un’idea del ricco patrimonio dell’ abbazia, si può ricordare la cospicua biblioteca conservata all’interno del complesso, circa 1600 libri, che vennero portati via in “ceste e sacchi” come riferiscono le cronache, per essere trasferiti a Spoleto.
La visita dell’Abbazia inizia dalla chiesa romanica, che mostra una facciata a capanna in pietra bianca e rosa, trasformata nel XVI, un portale a tre incassature e l’elegante trifora con archetti sopra la quale è murato un capitello del IV secolo.
Varcando la soglia si entra in un ambiente davvero ricco di misticismo, l’interno infatti è semplice e solenne, diviso in tre navate da due fila di arcate poggianti su robuste colonne; la copertura della navata centrale è a botte, a crociere invece quella delle navate laterali. La chiesa mostra la tipica struttura del romanico spoletino. Lo schema architettonico segue fedelmente il prototipo di San Gregorio Maggiore di Spoleto e si accomuna ad una serie di chiese sparse nella vallata. Il presbiterio, infatti è sopraelevato sulla sottostante cripta, come mostrano gli esempi di Bevagna e Spoleto. La parte meglio conservata nella sua struttura originale e che ha subito meno rimaneggiamenti nei secoli successivi è però la cripta, vero gioiello della chiesa, forse una delle più interessanti dell’Umbria. Vi si accede attraverso due scale poste al termine delle navate laterali. Nel “bosco” di colonnine e basse volte caratteristico delle cripte romaniche, si incontrano, scolpiti sui capitelli figure stilizzate di animali, che nella loro primitiva semplicità ci comunicano ancora la meraviglia degli uomini antichi per il creato. Si tratta di figure probabilmente tratte dal bestiario medioevale, che rendono questo luogo ricco di fascino. Dietro la mensa d’altare, su cinque colonnine, poggia il sarcofago (V-VI secolo), in travertino contenente le sacre spoglie di S. Felice. Si tratta di una specie di arca di pietra con decorazioni geometriche che ricordano l’ambito artistico del mondo classico e due animali stilizzati che richiamano invece le figure medievali dei capitelli. Doveva trovarsi qui probabilmente il bellissimo paliotto d’altare dipinto (oggi nella Galleria Nazionale dell’Umbria in Perugia), dove erano narrate le varie Scene del martirio del Santo opera di un maestro probabilmente spoletino della fine del sec. XIII, soprannominato proprio il Maestro di San Felice.
L’intera chiesa venne completamente trasformata in epoca barocca con stucchi, dipinti e altari in legno policromo, come attestano diverse immagini; è statapero fortunatamente riportata al suo aspetto originale con un restauro “purista”, effettuato negli anni ’50 del 1900. Dell’antico corpo abbaziale di notevole interesse sono il chiostro realizzato tra 1500 e 1600 e il Cappellone (antica Sacrestia) entrambi decorati con un ciclo di affreschi raffiguranti la Passio di S. Felice. Le decorazioni del chiostro, di dubbia attribuzione e di scarso valore artistico, sono però fonte interessante per scoprire, come in una galleria per immagini, gli episodi salienti del martirio di San Felice, le vicende costruttive della chiesa e la funzione taumaturgica di San Felice guaritore dal mal d’ossa. La decorazione venne effettuata durante il periodo agostiniano, si possono infatti ritrovare alcuni ritratti che raffigurano vari agostiniani famosi. Sui lati del chiostro, non sempre accessibili, si trovano l’Aula capitolare e il Refettorio che mostra gli scanni e i dossali della fine del XVII secolo, un elegante lavabo del 1601 ed un frammenti di affresco raffigurante la Trinità crocifissa. All’antico corpo monastico si addossano le due possenti ali, quella settentrionale e quella meridionale, entrambe del 1700
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