Il Ponte del Diavolo
Tra le testimonianze dell’antico tracciato della Flaminia Vetus rimane, oggi purtroppo quasi del tutto nascosto dalla vegetazione e in stato di degrado, un ponte romano edificato per attraversare un fosso, affluente del fiume Puglia; si tratta del cosidetto Ponte del Diavolo, datato tra il II sec. a.c e l’età Augustea. Il ponte si trova in località Cavallara, nei pressi di Bastardo ed è stato citato più volte nella letteratura archeologica. E’ composto da un solo arco formato da grossi blocchi di pietra calcarea squadrata, è largo quasi quindici metri e lungo nove. Si presenta come un lungo cunicolo costruito con grossi blocchi di pietra calcarea grigio locale e travertino. L’imbocco che guarda la strada moderna è perfettamente conservato mentre, verso la campagna, l’estremità è crollata. Sotto il ponte, su uno dei due blocchi, è ancora leggibile una iscrizione “M.V.S.N C” (o forse “V.S. IVC”), di incerto significato.
Le sue caratteristiche lo avvicinano a molti altri ponti costruiti lungo la Via Flaminia, (il Ponte Fonnaja nei pressi di Massa Martana, o il ponte di San Giovanni de Butris vicino Acquasparta) come l’utilizzo del bugnato e di materiale locale, l’opera quadrata, i bordi dei blocchi con gli angoli smussati e la presenza di fori per le operazioni di sollevamento e accostamento dei blocchi.
Il suo nome, così particolare e macabro, sembra essere legato, secondo alcune credenze popolari, alla presenza del diavolo che lo avrebbe realizzato: in cambio del suo intervento, avrebbe preteso l’anima del primo essere vivente che lo avesse traversato. La leggenda, accanto ad altre curiose versioni, rimase in voga fino agli anni ’50; si narravano infatti molte storie relative ad un fantastico diavolo che appariva ogni tanto ai passanti nei pressi del ponte.
Le miniere di lignite di Bastardo
Il nucleo di Bastardo si ampliò soprattutto a partire dal 1921, in concomitanza con lo sfruttamento dei giacimenti di lignite presenti nella zona. L’estrazione di questo minerale, iniziata dopo l’Unità d’Italia, diventò sistematica all’inizio del XX secolo (anche se documenti testimoniano di estrazioni più antiche). Le miniere di lignite umbre, come tutte le miniere italiane operanti tra ‘800 e ‘900, furono soggette a concessione governativa e usate per compiere ricerche minerarie da parte del Corpo Reale delle Miniere. Il Corpo Reale delle Miniere era organizzato in compartimenti e l’Umbria rientrava in quello che comprendeva anche il Lazio e gli Abruzzi. Nei periodi bellici le miniere di lignite rientravano puntualmente tra le attività di interesse strategico e quindi ricadevano nell’influenza di altri organismi e apparati statali che gestivano l’economia di guerra, tra i quali il Ministero Armi e Munizioni, operante durante la prima guerra mondiale. Verso la fine dell’Ottocento inizia il suo impiego nell’industria; la Società Terni comincia ad alimentare i suoi forni Martin-Siemens con gas di gassogeno proveniente dalla lignite. Dopo la prima guerra mondiale l’industria dei combustibili fossili si orienta verso l’utilizzo della lignite in impianti di gassificazione e carbonizzazione con recupero dei sottoprodotti usati per aumentare la redditività degli impianti. In Umbria molto importanti furono Pietrafitta e Bastardo: la prima entrò in funzione nel 1925, la seconda nel 1932. La crisi degli anni 1927-1933 e numerose difficoltà tecnico organizzative, legate alle caratteristiche chimico fisiche della lignite umbra e alla mancanza di approvvigionamenti consistenti e continuativi, bloccheranno l’orientamento verso nuovi usi e costringeranno a riprendere l’esperienza termoelettrica solo negli anni ’50 del Novecento. Dopo il 1921 la miniera di Bastardo venne infatti ampliata e la maggior parte della sua produzione destinata alle acciaierie di Terni; nel 1923, iniziarono i lavori per la creazione di una centrale termoelettrica. Purtroppo, a causa degli eccessivi costi del¬l’estrazione della lignite rispetto ad altri minerali e della crisi più generale del mercato, prolungatasi fino agli anni cinquanta, nel 1955 si decise la totale chiusura del complesso minerario. Negli anni sessanta partì il progetto per una sua riapertura curato dall’ENEL: dopo vari studi non si ritenne più vantaggiosa l’estrazione della lignite e, per il funzionamento della centrale, tuttora in funzione, si decise di utilizzare combustibile liquido importato.
Santa Barbara – Protettrice dei minatori
Nel centro di Bastardo sorge una piccola chiesa, in stile neogotico, dedicata a S. Barbara protettrice dei minatori. Venne iniziata intorno agli anni ‘30 grazie alle elemosine degli operai, è stata oggetto di un completo restauro nei primi anni ’90; al suo interno conserva una lapide commemorativa dei caduti sul lavoro.
Santa Barbara, nacque a Nicomedia nel 273. Si distinse per l’impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di «barbara», cioè straniera, non romana. La conversione alla fede cristiana di Barbara costrinse la ragazza a rifugiarsi in un bosco dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo Barbara difese il proprio credo ed esortò il prefetto ed i presenti a ripudiare la religione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata; la tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti.
E’ considerata la protettrice, oltre che dei minatori, anche degli architetti, dei fucili e della polvere da sparo, e dei vigili del Fuoco.