L’Umbria durante la dominazione pontificia, dalla prima metà del Cinquecento alla fine del Settecento rimase ai margini della storia italiana vivendo un periodo di stagnazione economica e culturale, diventando il “granaio di Roma”, con il completo asservimento allo Stato Pontificio e la fine delle autonomie municipali. Le città, in momenti diversi, furono tutte definitivamente assorbite dallo Stato della Chiesa perdendo la propria sfera di autonomia interna. In molti casi furono proprio le lotte intestine tra i vari comuni e il fallimento di alcune rivolte contro il potere ecclesiastico a favorire il dominio diretto del Papato sul territorio. Tra le varie vicende, emblematica è la sorte di Perugia che dopo la cosiddetta “guerra del sale” venne assoggettata al Papato. I Perugini infatti nel 1540 si ribellarono allo Stato Pontificio a causa dell’aumento della gabella sul sale; la rivolta venne però repressa duramente da papa Paolo III Farnese, che fece radere al suolo le dimore della famiglia Baglioni, sul Colle Landone; come simbolo visivo del potere pontificio sulla città commissionò poi la costruzione dell’imponente Rocca Paolina.
L’Umbria, attraversata da strade importanti come la Via Flaminia e la Via Amerina, parte del corridoio bizantino, già nel Medioevo era stata terra di lotte e repressioni legate al potere pontificio: basti pensare alle Rocche albornoziane risalenti al XIV sec. che sorgono a dominio di città umbra come Narni, Spoleto, Gualdo Tadino, Assisi e ancora oggi dominano il profilo di queste città. Spesso fu meta prediletta di Papi e cardinali, che si spostavano in queste terre sia per godere dell’amenità del clima e della piacevolezza del paesaggio, ma anche per sfuggire alla calura e ai tanti problemi politici della capitale: ne sono testimonianza i tre palazzi papali di Orvieto, le curiose storie dei Papi che morirono durante i loro soggiorni perugini, ma anche gli splendidi palazzi rinascimentali di Spoleto legati alla storia di nobili famiglie cardinalizie. Anche Giano dell’Umbria e i castelli dell’area martana, dopo alterne vicende che li videro al centro delle mire espansionistiche dei Comuni limitrofi, entrarono nell’orbita del potere pontificio, riuscendo però in molti casi a mantenere in auge i loro Statuti Comunali. La storia di questi centri è segnata, spesso, dall’intervento di alcuni papi che assegnarono questi castelli e le loro terre alle famiglie e alle Signorie filopapali: Bonifacio X per esempio nel 1398 confermò ad Ugolino Trinci il dominio sul castello di Montecchio fino alla quinta generazione mascolina, qualche anno dopo invece Martino V invia a Foligno Francesco Sforza per togliere a Corrado Trinci vari castelli fra cui Giano, Montecchio e Castagnola.
Personalità importanti inoltre, come Papa Alessandro VI Borgia o Giuliano de Medici, Papa Clemente VII lasciarono segno del loro passaggio in queste contrade. Il primo nel 1494 fece erigere nel vicino borgo di Gualdo Cattaneo una Rocca militare, imponente struttura triangolare progettata da Francesco di Bartolomeo di Pietrasanta; il secondo, attraversando queste terre nel 1530, di ritorno da Bologna e diretto a Roma, scelse il borgo di Montecchio, lungo la Via Flaminia, come luogo di sosta durante il suo spostamento.
Durante la Repubblica (1798) ed Impero francese (1810-14) il castello fu eretto a Libero comune con giurisdizione su Montecchio, Castagnola, Morcicchia, Moriano e Colle del Marchese; tale grado, ad esclusione di Colle del Marchese, gli fu riconosciuto con la Riforma amministrativa dello Stato pontificio (Motu Proprio di Pio VII del 6 luglio 1816) e nel 1860 con l’avvento dell’Unità d’Italia. Nel 1927 il Comune di Giano, unitamente ad altri limitrofi, fu aggregato a quello di Spoleto, ma nel 1930 riconquistò la sua indipendenza giurisdizionale.