Nel IX secolo grazie allo sviluppo economico, all’aumento della popolazione e alla situazione di insicurezza in cui gli uomini vivevano, in tutta Italia si diffuse il fenomeno dell’incastellamento, cioè la costruzione di castelli o borghi fortificati per potersi proteggere da attacchi esterni e per cercare stabilità nella formazione di una comunità. Nel territorio di Giano dell’Umbria, dopo il periodo buio delle invasioni barbariche, della guerra greco-gotica che si svolse nei suoi episodi fondamentali lungo l’asse della via Flaminia, e la fase del ducato longobardo di Spoleto, iniziano a formarsi, spesso in posizioni strategiche, sulle colline intorno alle vie di comunicazione, piccoli insediamenti fortificati, spesso dalla tipica struttura urbanistica a chiocciola. I termini usati nel latino medioevale per richiamare queste costruzioni, furono “castrum o castellum” (già i romani chiamavano castrum le loro fortificazioni di confine). Gli edifici e le abitazioni costruiti all’interno del “castrum”, protette da mura e spesso da torri di avvistamento, erano chiamati “locus“.
Questi insediamenti potevano essere costruiti ex-novo oppure su preesistenze precedenti più antiche. Solo nel XII secolo i castelli divennero però dei grandi complessi di edifici con funzioni diverse, prendendo il nome di borghi fortificati: palazzo del podestà, abitazioni per gli abitanti e per i soldati, stalle per gli animali, botteghe. Gli edifici, serrati all’interno erano protetti da mura e da torri, con le varie porte di accesso (che venivano aperte la mattina al suono delle campane e chiuse al calar del sole); spesso vi era una torre principale detta “dominiorum” o “mastio”: era una torre molto robusta che doveva servire come ultima difesa nel caso in cui i nemici riuscissero ad entrare nella cinta muraria. Conteneva rifornimenti e spesso divenne l’abitazione del signore. Nel castrum c’era anche una cappella per la cura delle anime.
Con l’aumento delle popolazione attorno al villaggio fortificato si costruivano il “burgus” o “borgo”. Attorno al borgo si estendeva il “fundus”, cioè tutto il territorio dipendente dal castello, compresa la parte agricola e boschiva. Un aspetto particolarmente interessante dei castelli del territorio Gianese, divenuti in pieno medioevo dei veri e propri Comuni, consiste nell’essersi dotati di uno Statuto Comunale, straordinario strumento di autonomia socio-economica. Grazie anche a questi documenti, che regolavano la vita del castello, gli abitanti cercarono tenacemente di difendere la loro autonomia dalle mire dominatrici sia di Giano sia dei comuni limitrofi più potenti come Todi, Spoleto, Foligno, nonché dal potere pontificio, riuscendo per lungo periodo a mantenere in auge l’attuazione degli Statuti. Alterne vicende, lotte intestine, diatribe di vario tipo segnarono la storia di questi centri in epoca medioevale; come tutta l’Umbria, anche queste zone furono oggetto di scontro nella secolare lotta tra guelfi e ghibellini, vedendo il passaggio e l’intervento dell’imperatore Federico Barbarossa e del celebre Federico II, che negli anni ’40 del 1200 aveva sostato nella vicina Montefalco. Altalenanti e spesso difficili furono i rapporti con il potente Comune di Spoleto ma non meno intensi gli scontri interni tra i vari castelli del territorio per i confini territoriali e per il diritto di giurisdizione su proprietà ed edifici del contado. Nel 1077 per esempio Giano, insieme ai castelli limitrofi di Castagnola, Montecchio, Morcicchia e Clarignano, si schierò al fianco di Spoleto, che gravitava nell’orbita dell’impero, nella lotta fra l’impero nella figura di Enrico IV e il papato, in quella di Gregorio VII.
Circa un secolo dopo, a seguito della discesa in Italia dell’imperatore Federico Barbarossa, Giano fu di nuovo al fianco di Spoleto nell’opera di difesa della città, che tentava di opporsi al giogo imperiale. Spoleto infatti, essendosi rifiutata di pagare il “fodro”, ovvero la tassa per il sostentamento dell’esercito imperiale osò affrontare l’imperatore che si era accampato con il suo esercito nella piana spoletina. Gli spoletini tentarono di sorprendere i soldati ma la mossa fallì facendo seguire la violenta reazione dell’imperatore il quale, il 27 luglio 1155, ordinò ai suoi di entrare nella città oramai priva di uomini e di metterla a ferro e fuoco. Molti degli spoletini superstiti ripararono a Giano e qui furono nascosti.