Giano dell’Umbria è un piccolo borgo medioevale, ancora intatto, situato in posizione panoramica a dominio della valle umbra, nella straordinaria scenografia dei Monti Martani. Il castello di Giano, antico pagus romano con il nome di Ianus, trae probabilmente il suo nome dall’omonima divinità pagana: Giano. Antico insediamento di tipo rurale, sorto in epoca romana nei pressi della Via Flaminia Vetus, importante arteria che collegava Roma con il Mar Adriatico, ha origini molto più antiche che risalgono agli Umbri; come testimoniano gli antichi castellieri (insediamenti fortificati di origine preistorica, caratterizzati da un fossato e da un terrapieno, con una o più cinte di detrito calcareo), ritrovati sulle cime dei Monti Martani e i numerosi reperti di periodo umbro emersi nella zona. Il primo documento scritto che testimonia l’esistenza del luogo risale al tempo di Desiderio, re dei Longobardi: si tratta di un Placito (760) riguardante la definizione dei confini fra Spoleto e Todi in cui si legge in loco qui nominatur Jane; nella Passio di S. Felice, santo patrono di Giano, invece, è nominato Castricianum, (Castrum Iani). Il culto di Giano, sembra mantenersi anche nel toponimo dell’antica pieve di Giano, detta Santa Maria di Lucciano, di cui è evidente la derivazione dal latino “ Lucus Iani”, cioè bosco di Giano, confermando la sacralità del luogo. In epoca medioevale, grazie alla sua posizione strategica diventa un castrum fortificato, spesso conteso dai più forti comuni limitrofi di Spoleto, Foligno e Todi ma anche dallo Stato Pontificio. Certamente non risparmiato dalle invasioni dei Goti, Bizantini e Longobardi, il feudo di Giano fece parte della piccola provincia che in epoca medioevale era denominata Normannia e comprendeva un vasto territorio. Concesso nel 1247 dal cardinale Legato Raniero Capocci al Comune di Spoleto il castello, verso l’anno 1250, si eresse a Comune rurale; tra le varie contese si ricordano quelle con il Comune di Spoleto; nel 1532, i Gianesi si ribellarono, nuovamente, contro il dominio di Spoleto, questa volta però i fautori della rivolta, trasferiti in città, furono impiccati sulle finestre del Palazzo del popolo. Fu una dura lezione per gli abitanti del castello che rimasero sotto la giurisdizione di Spoleto fino al XIX sec., salvo la parentesi napoleonica, durante la Repubblica infatti (1798) ed Impero francese (1810-14) il castello fu eretto a Libero comune con giurisdizione su Montecchio, Castagnola, Morcicchia, Moriano e Colle del Marchese; tale grado, ad esclusione di Colle del Marchese, gli fu riconosciuto con la Riforma amministrativa dello Stato pontificio (Motu Proprio di Pio VII del 6 luglio 1816) e nel 1860 con l’avvento dell’Unità d’Italia.
Importante testimonianza dell’autonomia comunale è la redazione in latino, nel 1536-37, di uno Statuto Comunale, conservato presso l’archivio comunale: esso mostra, ancora oggi, il frontespizio con lo stemma del castello; è conservato insieme a documenti fondamentali per ricostruire la storia e la vita quotidiana del borgo: gli atti del podestà, i registri parrocchiali della popolazione, gli atti amministrativi del Comune, della Congregazione di Carità e dell’Ospedale.
Il piccolo borgo mantiene ancora intatta la sua fisionomia medioevale, costituita dalla coesione di due cerchie murarie con porte, torri e postierle mostrando la tipica struttura urbanistica a chiocciola. Le mura risalenti al XII-XIII sec., in conci di pietra calcarea locale, vennero restaurate su ordine del cardinale Albornoz, nel XIV sec., incaricato dal Papa al riassetto politico dei territori particolarmente irrequieti del centro Italia.