Il termine latino usato dagli antichi scrittori per designare i fabbricati costruiti al di fuori delle città era villa, una parola che pare individuare uno spettro semantico piuttosto ampio: per i Romani, infatti, erano villae sia le fattorie destinate alla sola produzione agricola, da esse denominate rusticae, sia le lussuose residenze pensate per il riposo ed il tempo libero, le cosiddette ville d’otium.
Tra questi due estremi vi erano naturalmente soluzioni intermedie: esistevano infatti sia ville produttive adeguatamente attrezzate anche per il soggiorno temporaneo sia ville di lusso comprendenti settori ideati per colture talvolta a carattere fortemente specializzato.
Con il progressivo diffondersi presso le classi dirigenti italico-romane di raffinate abitudini di vita di origine greco-orientale si sviluppò inoltre, già a partire dal II secolo a.C., la consuetudine di edificare nell’ambito stesso delle città o nelle loro immediate vicinanze prestigiose ville: queste ultime dette urbanae, erano per lo più circondate da vasti giardini e godevano di una privilegiata posizione panoramica. Le ville venivano realizzate in prevalenza nelle aree più fertili, in prossimità delle vie di comunicazione che portavano alle città e ai mercati.
La Villa di Rufione infatti venne costruita lungo la Via Flaminia, via di comunicazione e di commercio molto importante,